CHIAMATA DALL'OCEANO (parte 1)
- Nicola Terenzi

- 30 ago
- Tempo di lettura: 5 min

“Quando meno te lo aspetti, il mare bussa alla porta. E se rispondi, la tua vita può cambiare rotta in un istante”
Ero in vacanza nella Repubblica Dominicana con la mia ragazza, immerso nella lentezza dei Caraibi, quando il telefono squilla. Sul display compare un nome che non vedevo da tempo: lo skipper con cui avevo già condiviso altre navigazioni.Rispondo quasi per curiosità… e lui, diretto come sempre:«Ti va di attraversare l’oceano con me? Nuova delivery, partenza imminente».
Resto qualche secondo in silenzio. Un brivido mi percorre la schiena. L’idea mi entusiasma… ma io sono già dall’altra parte dell’Atlantico!Eppure, in un lampo, la vacanza romantica diventa un’avventura estrema: voli riprenotati al volo, rientro lampo in Italia il 4 gennaio, valigia rifatta di corsa, e due giorni dopo sono già a Lanzarote, pronto a partire per la mia prima vera traversata oceanica. Destinazione: Tortola, Isole Vergini Britanniche.
La barca è già arrivata dalla Francia. Due giorni di preparativi serrati, poi i meccanici Volvo Penta salgono a bordo per il tagliando motori. Un controllo di routine… che però si trasforma in un colpo di scena: il sail drive è danneggiato.Bisogna alare la barca, smontare, riparare. La partenza slitta di almeno una settimana.
Così, da un momento all’altro, mi ritrovo “bloccato” alle Canarie, con l’oceano a portata di mano e la sensazione di essere finito dentro una storia che non avevo mai nemmeno immaginato di scrivere. Una follia? Forse. Ma certe occasioni non tornano due volte.
Mi sono subito dato da fare, non potevo rimanere bloccato nella marina con le onde della north shore cosi vicine, così ho affittato la macchina e ho approfittato del potenziale di Lanzarote per fare qualche altro giorno di surf da onda, una tra le mie prime passioni.
Nel frattempo mi sono anche adattato alla barca e devo dire che i ragazzi mi hanno fatto sentire in famiglia, e io ho ricambiato.
I primi due giorni tuttavia sono stati traumatici: il primo perché il mio compagno russava fortissimo, il secondo, ho provato la micro cabina di prua del marinaio – così detta – ma l’umidità superava ogni immaginazione. La mattina mi svegliavo con la condensa che mi gocciolava sulla faccia.
Tra umidità e russare ho scelto il secondo male: con la stanchezza accumulata in barca e i tappi sarei riuscito a dormire almeno quanto bastasse.
Finalmente il sail drive è a posto, possiamo partire. Siamo sul travel lift in attesa che ci varino. Devo dire che un po’ d’ansia sale.
Pochi minuti prima del mio primo watch (turno al timone) di questa traversata, un mix di emozioni: nostalgia, euforia e paura. Non si può tornare indietro, sarà come un giorno unico che ne durerà 25, forse.

SI PARTE
Heading at 205 degrees, average speed 5.5 knots, almost no wind, only main sail up, engine on at 1200 rpm. We are in front of Fuerteventura, the first miles of the 3200 we have to do! We already enjoyed a nice sunset and moonrise. Two of the four guys have seasickness. I’m just getting the last 5G line near the land, but I think I will enjoy being offline for a while! We just cooked some food – it was a mess to clean. This time we burned a pan and all the black spread on the the kitchen table. The last thing you want on a new boat.
Not funny, but now it’s clean.
Everybody sleep except me and the one on watch.
Time to sleep – I have to wake up at 3:30 for my turn!
3 pm – ci siamo lasciati alle spalle Gran Canaria, la costa non si vede più.
Ho messo la canna da pesca e stiamo trainando da questa mattina ma ancora niente pesce, a parte qualche avvistamento di balenottere e delfini. È uscito il sole: con un po’ di motore e 12 nodi di vento manteniamo i 7 nodi, abbiamo bisogno di recuperare.
Fortunatamente lo skipper si è portato dietro il gennaker, che regala qualche metro in più di velatura rispetto al genoa.
Comincio già a prendere il ritmo: acqua razionata, dormire a intermittenza...Ancora ho voglia di tenere un po’ di ritmo con gli orari e il mangiare, ma non so quanto durerà. Una ragazza sta male, quindi il turno attuale è 3 ore ogni 6: non ci si può lamentare.
Contro ogni logica, stiamo consegnando un catamarano ai Caraibi che non ha pannelli solari e neanche il dissalatore. C’è il caro generatore, che cerchiamo di utilizzare il meno possibile per destinare tutto il carburante ai motori nei giorni senza vento. Ovviamente, considerando il numero di persone a bordo (5), ci siamo dovuti organizzare bene per passare 20 giorni / 1 mese e forse più in mare aperto, senza possibilità di generare corrente e acqua dolce.
Oltre a un’abbondante scorta di cibo , prevalentemente in scatola e secco e alle 150 bottiglie d’acqua potabile (circa 1 bottiglia da 1,5 L a testa al giorno), abbiamo caricato a bordo una trentina di taniche piene di gasolio, per garantire circa 12 ore di motore al giorno. Questo ci avrebbe eventualmente permesso di navigare in mancanza di vento e soprattutto di mantenere le batterie cariche. Senza pannelli solari, la carica delle batterie non è per niente scontata, considerando che pilota automatico, 2 frigo, 1 freezer, le luci e tutte le pompe di qualsiasi WC o lavandino, più la strumentazione elettronica, sono tutti dipendenti dalle batterie. In navigazione a vela può diventare un problema anche solo consumare energia elettrica per tirare lo sciacquone al WC.
Per ovviare a questo tipo di problema, che porterebbe o a un rischio notevole o a essere costretti a consumare diesel per generare elettricità, abbiamo caricato a bordo circa 70 bottiglie da due litri di acqua del rubinetto, stabilendo a priori che ognuno di noi avesse giornalmente quei due litri di acqua dolce per lavarsi, e la bottiglia di acqua naturale da 1,5 litri da bere. Per tutto il resto, acqua del mare.
Non potendo quindi usare la doccia, ci siamo organizzati con dei secchi, in modo da lavarci sul ponte con l’acqua salata, per poi eventualmente sciacquare il sale con la bottiglia di acqua dolce.
Fortunatamente il catamarano ha almeno un rubinetto di acqua salata, con cui (solamente con i motori accesi) possiamo lavare i piatti e altro.
Aspettiamo il vento per togliere quel fastidioso rumore del motore e per raggiungere la destinazione più velocemente.
Con i motori spenti non potremo più usare i rubinetti né lo sciacquone. Useremo quindi solamente i secchi: uno pulito, con cui farci la doccia, e uno a testa “sporco”, dove fare i propri bisogni e gettarli in mare.
L’immondizia viene invece separata: la plastica viene tutta accumulata e compattata in una cabina di prua, come anche carta e alluminio. L’organico viene restituito al mare.
Gli spazi sono ristretti: il cibo, l’acqua e le taniche di diesel occupano quasi tutto lo spazio. Inoltre, il catamarano – essendo nuovo e da consegnare – ha molte zone ancora impellicolate. L’attenzione è massima: la barca deve arrivare a destinazione nuova e pulita, senza un graffio.
I materassi sono impellicolati e ci dormiamo sopra con i sacchi a pelo. Anche tutta la cuscineria e tendalini della barca sono chiusi dentro una cabina e non si possono usare.
Mi sono portato il tappetino per lo yoga, spero di farlo durante il viaggio, anche se sembra proprio che sia più facile abbandonarsi al mare, al riposo e al mangiare.
Speriamo di pescare, per mangiare un po’ di carne fresca! Sono a prua mentre scrivo queste righe sul telefono, con un bel sole, ma siamo ancora vicini alle Canarie, non è proprio caldissimo: con felpa e calzoni lunghi si sta bene.
Mi piacerebbe scrivere queste righe carta e penna, ma so già che difficilmente poi troverei la voglia di pubblicarle.




